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Cronaca Giavera del Montello

Aggressione a due inviati de Le Iene, il processo è da rifare

Nel 2019 i due giornalisti del programma satirico erano andati a Giavera per intervistare un uomo sospettato di essere un truffatore ed erano stati malmenati. Il giudice ha rimandato le carte in Procura dal momento che il capo d'imputazione era stato integrato con il reato di rapina aggravata, che presuppone l'udienza preliminare

Il racconto in aula dei due giornalisti vittime di un "assalto" fisico subito mentre stavano cercando di fare una intervista era stato terribile. «Sono stati 15 minuti tremendi - avevano detto al giudice - appena abbiamo estratto la telecamera sono partiti calci e pugni. L'operatore, che è anche uno degli autori della trasmissione, è finito a terra. Chiaramente volevano l'apparecchiatura e soprattutto la scheda, dentro alla quale, tra l'altro, vi erano registrate tutte le interviste che avevamo fatto alle presunte vittime di quella che sembrava una truffa». L'ultima udienza del processo a C.Z. e M.Z., padre e figlio di 68 e 45 anni, residenti il primo a Susegana e il secondo a Giavera del Montello, era stata insomma scandita dal ricordo di quei momenti che avevano lasciato un segno indelebile in Enrico Maria Didoni e Michele Cordaro, inviati del programma televisivo le Iene.

Il pubblico ministero Massimo De Bortoli, sulla base delle loro testimonianze, aveva integrato il capo di imputazione - che vedeva padre e figlio accusati di danneggiamento e percosse - inserendovi anche la rapina aggravata, compiuta da più persone e con l'uso della violenza e che avrebbe avuto come "oggetto" proprio la videocamera, del valore di qualche migliaio di euro, sottratta ai danni e restituita soltanto quando era stata resa inutilizzabile. Ma il giudice ha rilevato che per questo reato C.Z.e M.Z. non avrebbero dovuto essere destinatari di una citazione diretta a giudizio ma piuttosto passare per l'udienza preliminare, cosa che non è stata fatta. Così il procedimento nei confronti del 68enne e del 45enne è da rifare. Le carte sono tornate infatti in Procura e ora si attende la fissazione davanti al gup di Treviso.

La vicenda si era svolta a Giavera il 9 maggio del 2019. Nel pomeriggio di quella giornata Enrico Maria Didoni e Michele Cordaro si erano recati presso una trattoria per una intervista a C.Z. (difeso, come il figlio, dall'avvocato Giuseppe Antoniazzi) che avrebbe dovuto dare la propria versione dei fatti su delle presunte attività, connesse alla degustazioni di alcolici, in cui si sarebbero verificate delle inadempienze contrattuali. Didoni e Cordaro non hanno però svelato la loro reale identità fino quando C.Z, alla domanda su cosa ne pensasse se gli fosse stato richiesto un evento e poi non fosse stato saldato il dovuto. Quando il 68enne ha risposto che "bisognava pagare", Didoni avrebbe fatto uscire da uno zaino una telecamere accendendola mentre Cordaro si sarebbe aperto l'impermeabile a avrebbe impugnato il microfono.

C.Z. avrebbe allora chiamato il figlio, che si trovava in un ufficio che stava dietro al ristorante, ed insieme si sarebbero letteralmente gettati contro i giornalisti, chiudendo la porta dietro di loro e tendendoli segregati. Nel corso della colluttazione, secondo la denuncia sporta dalle due "Iene", la troupe televisiva avrebbe chiesto di uscire dalla stanza in cui era stata rinchiusa. Non riuscendoci Didoni, che era a terra con la mano destra sanguinante e Cordaro, che è stato colpito alla nuca con il "gelato" del microfono, avrebbero anche tentato ripetutamente di chiamare i carabinieri.

Alla fine della bagarre (il servizio sull'organizzatore di degustazioni non è peraltro mai andato in onda), sono arrivati i militari dell'Arma e i due inviati si sono riappropriati del microfono, che sarebbe stato prima dato in testa a uno degli giornalisti, oltre che tornare in possesso della telecamere, priva però dei supporti di memoria.

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